Scrivere un diario

Ho sempre fatto mio questo amore per la scrittura, che ci consente di riflettere, e di esporre con correttezza quanto ci preme comunicare (a volte, siamo noi stessi i destinatari delle considerazioni).

Ed eccomi a te, babbo, mia “buona cosa perduta” che perduta non è, perché io non ho mai perso di vista questo tuo modo di sentire. Pure se ho fatto scelte diverse, se ho vissuto molto (già oggi ben 14 anni più di te), se non ho tutta la tua coerenza, saggezza e salute mentale.

Anch’io non amo i premi e la vanità ad essi collegata. Essere ascoltati ? La scrittura come rifugio ? Questa è una possibilità, ma c’è anche il dialogo, il carteggio, l’epistolario – ce ne sono di famosi e letterari. Le lettere di Seneca a Lucilio … “Seneca Lucilio suo salutem”. I romanzi epistolari – o le novelle.

Non c’era, ai tempi tuoi, l’iperconnessione di oggi, il messaggio subito visto sul telefono dell’altro, magari con tanto di foto o video. Il telefono andava a gettoni, costava caro e costringeva a sudare o gelare in una cabina, a correre da una parte all’altra di casa inciampando nel filo, magari non arrivando in tempo. E poi, ad avere una mano sempre sulla cornetta. A sbagliare il numero e scusarsi. A sentire degli squilli a vuoto e non poter lasciare un messaggio, a dover richiamare … ma anche alla gioia e alla sorpresa di sentire l’altro rispondere, finalmente. Non conversavi facilmente – ma quando lo facevi, avevi quel dono della sintesi che era necessario. Ricordo le tue parole, rileggendoti mi arriva la tua voce chiara come se avessimo una invisibile cornetta.

Pronto ? Ciao, ora ti lascio, a presto babbo.